
16 Ott
Parla su Il Sole 24 Ore il vicepresidente e direttore di Legacoop Produzione e Servizi. Chiusa l’assemblea nazionale in Calabria, l’associazione delle cooperative chiede più interventi nel Mezzogiorno
di Flavia Landolfi
Project finance, revisione prezzi, politiche industriali e Sud: il vicepresidente di Legacoop Produzione e Servizi è reduce dall’assemblea nazionale che quest’anno non a caso si è celebrata in Calabria, in quel Mezzogiorno che le cooperative chiedono a gran voce di tutelare. Investire nel Sud – rivendicano – significa investire nel Paese. Per il vicepresidente e direttore Andrea Laguardia è una priorità. Così come la difesa della finanza di progetto in questi giorni oggetto di uno scontro con la Commissione europea. Ma il dossier del mondo della cooperazione di Legacoop è più lungo.
Vicepresidente, partiamo dalle regole del gioco. Bruxelles ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia sulla disciplina del project finance – in particolare sul diritto di prelazione. Come avete accolto questa notizia e che impatto avrà su imprese e consorzi?
Male. Come spesso accade, l’Europa interviene con piglio burocratico, senza tenere conto delle necessità dei Paesi membri e dei bisogni delle imprese. Al contrario, crediamo che la finanza di progetto vada incentivata come strumento principale della collaborazione tra pubblico e privato. Negli ultimi mesi abbiamo elaborato un’analisi, dimostrando che molti progetti di opere pubbliche non realizzati con il Pnrr possono essere rianimati attraverso i Ppp.
E sulla manovra? Che impressione state avendo?
Aspettiamo di leggere i documenti ufficiali per capire l’effettiva ricaduta sulle nostre cooperative. Soprattutto per quanto riguarda la detassazione degli aumenti contrattuali, al momento mi sembrano interventi blandi. Serve più coraggio e maggiori investimenti per rilanciare l’economia attraverso interventi strutturali e non temporanei.
Veniamo alla revisione prezzi. Nell’ultimo anno avete molto battuto sulla necessità di avere un aggiornamento in linea con gli altri settori dell’economia. Ci sono spiragli per una modifica delle regole attuali?
La nostra associazione è stata promotrice della costituzione della Consulta dei Servizi, composta da tutte le associazioni di rappresentanza del settore: un evento inedito che sta iniziando a dare risultati. Stiamo lavorando insieme al Mit a un provvedimento amministrativo che illustri alle stazioni appaltanti come applicare al meglio la norma facoltativa per la revisione prezzi nel settore dei servizi. È una soluzione ponte rispetto alla richiesta di una modifica strutturale del Codice degli appalti, che deve prevedere norme chiare e obbligatorie per le stazioni appaltanti. Molte gare stanno andando deserte: non si trovano imprese disposte a lavorare a queste condizioni.
Passiamo alle politiche industriali. Nel vostro documento chiedete di uscire dalla logica degli interventi spot. Quali tre leve bisognerebbe puntare subito e con quali metriche di impatto misurerete occupazione e produttività?
Una cosa è certa: i dazi rallenteranno l’export; serve il rilancio della domanda interna, altrimenti rischiamo una stagnazione perenne con salari fermi e potere d’acquisto in calo. Per il nostro ecosistema servono tre cose: investire su servizi e lavori pubblici per rilanciare l’economia perché l’idea che il public procurement sia una voce su cui fare risparmi è sbagliata; attuare politiche industriali e investimenti di medio e lungo periodo in settori strategici; abbassare i costi che frenano l’iniziativa economica, a partire da energia e lavoro. Il Pil degli ultimi anni si è sostenuto grazie al Pnrr, ma è finito: servono interventi strutturali.
La crescita nel Mezzogiorno è stata trainata da Pnrr e Zes unica. Quali progetti hanno davvero generato ordini e investimenti per le cooperative e quali non replichereste? Come si evita che, finito il traino Pnrr, si apra un vuoto per le imprese labour intensive?</
Abbiamo svolto in Calabria la nostra assemblea annuale, affrontando i temi principali che riguardano le imprese. L’abbiamo organizzata al Sud perché crediamo che tutta l’economia italiana dovrebbe guardare a Sud, dove si vedono segnali di crescita importanti. Il Pil è aumentato complessivamente dell’8,6% tra 2022 e 2024 al Sud, contro il 5,6% del Centro-Nord. Il Sud è la terza regione più attrattiva tra i 20 Paesi del Mediterraneo. È aumentata la presenza di imprese manifatturiere: una vitalità che aspettava l’impulso giusto, fornito dal Pnrr.