
30 Apr
La petizione è stata firmata da Legacoop Produzione e Servizi, insieme a Legacoop Nazionale e Legacoopsociali, unendosi a oltre 200 organizzazioni europee e nazionali.
La Commissione europea ha preso la decisione di chiudere l’unità di Economia sociale della propria Direzione generale Grow – mercato interno, l’industria, l’imprenditorialità e le PMI – a partire dal 1° maggio, con conseguente improvvisa interruzione di numerosi bandi COSME, dedicati alle politiche sociali. La scorsa settimana, Social Economy Europe ha convocato un comitato esecutivo straordinario per organizzare un’azione pubblica: è stata lanciata una petizione per chiedere di revocare la decisione. L’appello, che ha raccolto già 236 sigle, è stato firmato anche da Simone Gamberini, presidente Legacoop, Andrea Laguardia, vicepresidente vicario e direttore di Legacoop Produzione e Servizi, e Diego Dutto, direttore di Legacoopsociali.
Di seguito l’appello in italiano e in allegato in inglese
Le implicazioni dell’abbandono dell’economia sociale da parte della DG GROW in un momento critico
La Direzione Generale per il Mercato Interno, l’Industria, l’Imprenditoria e le PMI (DG GROW) ha rappresentato a lungo un pilastro di sostegno per l’economia sociale, promuovendo innovazione, sostenibilità e crescita inclusiva. Tuttavia, il recente annuncio secondo cui, a partire dal 1° maggio, la DG GROW rinuncerà al proprio impegno chiaro e diretto verso l’economia sociale arriva in un momento cruciale. Una decisione che avrà conseguenze di vasta portata, minando i progressi compiuti e rallentando gli sviluppi futuri di questo ecosistema fondamentale. Ma soprattutto, questa scelta compromette politiche economiche basate sulle persone e sui bisogni locali.
Il contesto geopolitico è in subbuglio, l’economia e lo stile di vita dell’UE sono sotto minaccia a causa dello sconvolgimento delle norme del commercio internazionale, delle pressioni inflazionistiche, della guerra ai nostri confini e delle minacce alla democrazia. La risposta della nuova Commissione è concentrarsi su competitività e difesa – obiettivi senz’altro necessari – ma che trascurano il potenziamento dell’unico modello economico che ha dimostrato resilienza nei momenti di crisi: l’economia sociale. La strategia del Commissario Séjourné punta sull’economia dell’export, quando invece dovrebbe basarsi su una solida economia sociale capace di sostenere al contempo l’attività economica e il benessere di cittadini, comunità e del pianeta. È questo il momento per rafforzare l’economia sociale e promuovere politiche economiche che lavorino per un’Europa prospera.
Il 1° maggio, l’unità responsabile per l’economia sociale e l’imprenditoria sociale sarà smantellata all’interno della DG GROW. Con essa, andrà perso il patrimonio di conoscenze istituzionali costruito negli ultimi dieci anni. Altrettanto allarmante è stata la recente e improvvisa cancellazione di alcuni fondi COSME a sostegno degli attori dell’economia sociale, sollevando forti preoccupazioni per l’intero ecosistema.
Questa decisione non ha senso né dal punto di vista economico né amministrativo. L’ecosistema dell’economia sociale è, da un punto di vista economico, paragonabile a quello dell’industria automobilistica: conta oltre 4 milioni di imprese e organizzazioni, che impiegano direttamente più di 11 milioni di persone, e nel 2021 ha registrato un fatturato vicino ai 1.000 miliardi di euro (più del PIL della Svizzera nello stesso anno).
Ma l’economia sociale è molto di più: integra in modo unico obiettivi economici, sociali e ambientali. Dà priorità agli obiettivi sociali rispetto al profitto, reinveste gli utili per perseguire la propria missione e adotta una governance democratica. È un’economia al servizio delle persone e del pianeta.
OCSE, ONU, ILO e Commissione Europea hanno riconosciuto il contributo dell’economia sociale alla crescita inclusiva, alla coesione, alla sostenibilità, all’innovazione e alla democrazia. Alla fine del 2023, tutti i 27 Stati Membri hanno concordato di “adottare misure per riconoscere e sostenere il ruolo dell’economia sociale”, anche attraverso la sua integrazione nelle politiche industriali nazionali. L’economia sociale sostiene obiettivi dell’UE quali filiere locali, occupazione di qualità e transizione industriale verde. Grazie a imprese radicate nei territori, risponde ai bisogni delle comunità e al tempo stesso compete sui mercati globali. La sua governance democratica – che include lavoratori, consumatori e cittadini – riduce i rischi di delocalizzazione e acquisizioni predatorie. Queste caratteristiche fanno dell’economia sociale un pilastro della strategia “Made in EU”.
Le imprese dell’economia sociale sono presenti ovunque – dalle capitali alle aree rurali (che costituiscono il 45% del territorio UE e il 21% della popolazione) – offrendo sia servizi essenziali in aree svantaggiate che soluzioni ultra competitive. Dalle piccole realtà ai grandi gruppi, l’economia sociale propone risposte innovative alla crisi energetica, a quella abitativa, e favorisce soluzioni digitali per cittadini e imprese. È motore della strategia “dal produttore al consumatore” per la sostenibilità in Europa. Siamo le vostre mutue sanitarie, i vostri club sportivi, i vostri partner finanziari etici, i vostri centri culturali locali; ci prendiamo cura dei vostri bambini e dei vostri anziani; operiamo nell’industria, nell’economia circolare e offriamo lavoro a tutti, comprese le persone con disabilità.
Inoltre, l’economia sociale è un pilastro della democrazia, grazie al ruolo delle organizzazioni della società civile e alla sua governance democratica che promuove i valori europei di dignità, libertà, uguaglianza e diritti umani. Attraverso la sostenibilità e l’empowerment comunitario, contribuisce a costruire un’Europa resiliente, giusta e inclusiva.
A onor del vero, la Commissione Europea non ha completamente abbandonato l’economia sociale: grazie a una forte azione di advocacy, e a leadership e visione, la Commissaria Roxana Mînzatu ha ricevuto dal Presidente von der Leyen il mandato di sostenere l’economia sociale. Ha accolto con entusiasmo questo incarico ed è impegnata nella promozione e attuazione del Piano d’Azione per l’Economia Sociale adottato nel 2021 e valido fino al 2030. Questa iniziativa è stata sostenuta dai Commissari competenti per gli Affari Sociali e per il Mercato Interno, consapevoli del fatto che l’economia sociale poggia su due pilastri: sociale ed economico. Ciò si è riflesso nella stretta e fruttuosa collaborazione tra DG GROW e DG EMPL per favorire la diffusione dell’economia sociale nelle rispettive politiche e attività. Separare la dimensione economica e industriale dalla sua missione sociale indebolisce l’impatto dell’economia sociale, che gioca un ruolo cruciale nel rafforzare l’autonomia industriale, la competitività e la resilienza territoriale.
Lo smantellamento dell’Unità per l’Economia Sociale all’interno della DG GROW è un grave errore: non ci sarà più nessuno che, occupandosi del Mercato Unico, segua le iniziative e le politiche che hanno impatto sull’economia sociale. Non solo si riduce la comprensione dell’ecosistema, ma si ostacola anche un approccio coerente nelle politiche economiche. Si interromperanno le iniziative di DG GROW per facilitare l’accesso dell’economia sociale al mercato e ai sostegni, al pari delle imprese a scopo di lucro. Questo taglio comporterà una riduzione delle risorse umane, finanziarie e di competenze dedicate all’economia sociale all’interno della Commissione. In effetti, importanti fondi destinati all’economia sociale (bandi COSME) sono stati bruscamente interrotti la scorsa settimana, senza alcuna spiegazione.
Tutto ciò avviene in un momento di trasformazione globale. L’economia sociale ha dimostrato di essere resiliente durante le crisi recenti (2008 e COVID) ed è una fonte collaudata di stabilità per le comunità locali. Escluderla dal braccio economico e industriale della Commissione in un momento così delicato è incomprensibile. Il Rapporto Letta sul Mercato Unico ha riconosciuto che l’UE è molto più di un mercato. Le sfide che affrontiamo non possono essere risolte se si separano le pratiche economiche dalle considerazioni sociali. Abbiamo bisogno di politiche economiche che integrino dimensioni sociali e ambientali, il che significa sostenere un’economia che incorpori questi aspetti fin dalla sua progettazione.
A questo punto non ci aspettiamo che il Commissario Séjourné revochi la sua decisione. Ci rammarichiamo che il Gruppo di Esperti della Commissione sull’Economia Sociale (GECES) sia stato semplicemente informato che DG GROW non ne farà più parte. Tuttavia, chiediamo alla Commissione di garantire che l’economia sociale continui ad avere una presenza all’interno di DG GROW. L’ideale sarebbe mantenere un team responsabile dell’economia sociale; in alternativa, almeno assegnare alti funzionari della Commissione con competenza sul tema, incaricati di supervisionare tutte le iniziative e politiche industriali che hanno impatto sull’economia sociale, e di coordinarsi con il pilastro sociale all’interno della DG EMPL. È inoltre necessaria un’adeguata dotazione di bilancio, certamente non una riduzione.
L’ecosistema dell’economia sociale auspica un dialogo costruttivo e risposte concrete sul futuro dell’ecosistema industriale. Desideriamo essere riconosciuti come alleati nella sfida per affrontare i problemi dell’UE.
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